Buongiorno,
condivido con te le ultime notizie dalla Borsa LME relative alla scorsa settimana ed alcuni approfondimenti dal mondo dei metalli.
Ridisegnare il futuro: il listino “industriali” deve trovare subito nuove, rivoluzionarie metodologie di prezzo!
La variabilità del listino dei metalli industriali è un aspetto con cui occorrerà convivere per un tempo lunghissimo e forse per sempre.
Il mondo delle materie prime sta mutando in maniera inesorabile e così le Borse che ne regolano le quotazioni e quando questi fenomeni avvengono, paradossalmente, gli ultimi ad accorgersene sono proprio quelli che appartengono alla cerchia degli “addetti ai lavori”.
Nel corso di questa settimana avrà luogo a Londra l’evento più rappresentativo per il mondo dei metalli industriali, il LME Week.
Una prova di fuoco per il simposio che troverà nel corso della cena di gala che celebra l’autoreferenzialità dei partecipanti, la necessità per “l’istituto Borsa” di trovare nuovi equilibri nelle formazioni dei prezzi, come l’eliminazione delle date di scadenza dei contratti e togliere enfasi ai report sulle giacenze presso i magazzini autorizzati LME.
L’evidenza di quello che è accaduto al Rame nel corso della parte pomeridiana della seduta LME del 10 ottobre è un evento di rilevanza significativa e tutto quanto al netto di quello che avrà luogo a Londra nel corso della settimana.
Il crollo della quotazione USD 3mesi del Rame è stato di 3,8 punti percentuali rispetto alla seduta del giorno precedente e abbondantemente sotto la soglia di variazione dell’indice LMEX che chiudendo la settimana a 4477 punti si è attestato in negativo dell’1,17% rispetto al dato riepilogativo di otto giorni prima.
Rame al punto di partenza della scorsa settimana
Nulla di drammatico per il Rame, che ripartirà esattamente da un numero di sedute LME, sette, che lo avevano visto crescere ad un passo che era certamente al di sopra delle sue più ambite aspettative. I numeri o, meglio, prezzi, andranno presi come tali e dove a conti fatti il modo extra istituzionale del LME ha già trovato il suo equilibrio tra i fattori domanda e offerta proprio a partire dai valori che sono stati definiti nel tardo pomeriggio dello scorso venerdì.
Eccellente stato di salute per lo Zinco
L’allentamento della pressione valutaria del dollaro rispetto all’euro sarà uno dei fattori di vivacità di molti elementi del listino, a cominciare dallo Zinco. Il metallo continua a godere di un eccellente stato di salute, candidandosi come l’indiscusso protagonista dei ring LME. Lo Zinco avrà quindi modo di trovare stabilmente casa oltre la soglia dei 3mila dollari 3mesi e quindi elemento di rinforzo anche per la risalita del “metallo rosso”.
Le Leghe, Ottone e Zama
Le leghe e proprio a partire dalla Zama, risentiranno direttamente dei valori registrati in Borsa dai metalli di riferimento. Il momento di rinforzo che perdurerà per lo Zinco avrà dei riflessi diretti rispetto al valore medio di mercato della Zama e orientata in rialzo rispetto al punto di calcolo della settimana precedente.
Un avvio di settimana più mesto lo avrà senza ombra di dubbio l’Ottone e in particolare per la barra, che vedrà retrocedere il suo prezzo di riferimento sui livelli visti dalla “base” a inizio della settimana scorsa e quindi un’escursione negativa prossima ai 100 euro per tonnellata.
Equilibrio tra domanda e offerta per l’Alluminio
L’Alluminio metterà ancora una volta in atto la sua “diligenza” in riferimento al prezzo dollari 3mesi, dando ulteriore conferma che l’attuale quotazione di Borsa trova equilibrio tra le componenti domanda e offerta in tutti i contesti, anche esterni al LME.
Tabù 15.500 per il Nichel
Il Nichel ha il suo tabù nel varco di soglia dei 15500 USD 3mesi e mostratosi con regolare intercedere anche la settimana scorsa. L’effetto ribassi visto nell’ultima parte di ottava al LME ha interessato in maniera significativa anche la quotazione del Nichel, la cui inerzia ribassista agirà nel correggere momentaneamente e verso il basso, il suo stato di quotazione in Borsa.
Situazione di calma relativa per il Piombo
Una settimana relativamente calma la passerà il Piombo e questo anche grazie al fattore Cina, che vedrà gli impieghi del metallo in linea con i consumi registrati nel mese di settembre e prima delle vacanze.
Turbolenze invece per lo Stagno
Le turbolenze non mancheranno parlando dello Stagno, per dire che il clima di variabilità del prezzo LME, quasi ai limiti dell’instabilità, sarà terreno di conquista per quegli utilizzatori che hanno come loro indole il saper osare nell’effettuare acquisti con una spiccata predisposizione prospettica; leggi: a breve prezzi in aumento.
UNO SGUARDO ALLA REALTA’ PRODUTTIVA

La sfida tra USA e Cina per controllare le forniture mondiali di bauxite
Si prevede che il mercato globale dell’allumina e della bauxite crescerà da 84,5 miliardi di dollari nel 2025 a 125,9 miliardi di dollari entro il 2033.
Nonostante qualche incertezza legata all’eccesso di offerta e alle fragilità delle catene di approvvigionamento, il mercato globale della bauxite continua a registrare una crescita costante. A trainare l’espansione è soprattutto la crescente domanda di alluminio, fondamentale nei settori automotive, aerospaziale e delle energie rinnovabili.
La bauxite rappresenta la principale fonte di allumina, da cui deriva l’alluminio. Circa l’85% dell’estrazione globale è destinata a questa trasformazione. Secondo le stime, il mercato congiunto di bauxite e allumina passerà dagli 84,5 miliardi di dollari del 2025 a quasi 126 miliardi nel 2033, con un tasso di crescita annuo superiore al 5% (dati MetalMiner).
Numeri che testimoniano opportunità di lungo periodo, ma anche il rischio di oscillazioni improvvise legate alle tensioni geopolitiche e agli shock di offerta.
La corsa tra Stati Uniti e Cina
Il settore è al centro di una competizione strategica. Da una parte, gli Stati Uniti stanno puntando a ridurre la dipendenza dalle importazioni, che coprono attualmente il 75% del fabbisogno domestico. Dall’altra, la Cina mantiene la leadership mondiale nell’alluminio, consumando oltre il 60% della bauxite scambiata a livello internazionale, gran parte proveniente da Guinea e Australia.
L’Asia-Pacifico resta l’area dominante per le riserve, con il 45% del totale globale, mentre l’Africa – e in particolare la Guinea, che da sola ne detiene il 24% – gioca un ruolo cruciale. L’Australia primeggia nelle esportazioni, ma è la Cina a guidare la raffinazione, seguita da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Guinea, tra risorse e tensioni
Un caso emblematico è quello della Guinea, che ha recentemente revocato una concessione mineraria alla Guinea Alumina Corporation (GAC), controllata dagli Emirati. La decisione, motivata dalla mancata realizzazione di una raffineria promessa, ha trasferito i diritti sul giacimento di Boké ad una nuova società statale per 25 anni.
La GAC, che nel 2024 aveva esportato 18 milioni di tonnellate di bauxite, ha annunciato ricorso all’arbitrato internazionale. Una mossa che potrebbe avere ripercussioni anche per gli Stati Uniti, che contano sul paese africano per parte delle proprie importazioni.
Nel frattempo, i grandi operatori continuano a rafforzare la filiera. Rio Tinto ha stanziato 180 milioni di dollari per ampliare la capacità estrattiva della miniera di Amrun (Australia), con produzione attesa dal 2027 e piena operatività nel 2028. Parallelamente, Washington sostiene nuove attività minerarie domestiche per rafforzare la sicurezza strategica.
Prezzi stabili ma rischi all’orizzonte
Il secondo trimestre del 2025 ha visto una sostanziale stabilità nei prezzi globali della bauxite. Negli Stati Uniti il valore si è mantenuto intorno agli 82 dollari per tonnellata, mentre in Cina i prezzi sono saliti a 99 dollari, spinti dalla forte domanda industriale e da difficoltà nell’approvvigionamento estero.
Le dinamiche restano influenzate da vari fattori: interruzioni logistiche, regolamentazioni ambientali più severe e scarsità di manodopera. Sul fronte dei costi pesa anche la gestione dei residui di produzione, come i fanghi rossi, che incidono fino al 50% sulle spese operative.
Con la domanda di alluminio in crescita e nuovi investimenti nelle catene di approvvigionamento, il mercato della bauxite sembra destinato a un’espansione di lungo periodo. Tuttavia, rischi ambientali e tensioni geopolitiche potrebbero rappresentare ostacoli significativi, alimentando la volatilità dei prezzi e ridefinendo gli equilibri globali del settore.
APPROFONDIMENTI

Su quali metalli scommettere nei prossimi anni? Rame e stagno, secondo Citi
Secondo Citi, i prezzi del rame e dello stagno potrebbero arrivare nel corso di questo decennio a livelli mai toccati prima.
Chi segue il mercato dei metalli non ferrosi farebbe bene a prepararsi ad un nuovo rally.
Secondo Citi, il mercato del rame sta entrando in una fase di rinnovato ottimismo, tanto che la banca d’investimento ha rivisto al rialzo le sue previsioni, stimando un prezzo a breve termine di 11.000 dollari a tonnellata e una media di 12.000 dollari entro la metà del 2026.
L’analisi parte da una semplice considerazione e cioè che gli investitori stanno iniziando a guardare oltre le preoccupazioni legate alla domanda immediata, concentrandosi su un quadro di offerta sempre più ristretta.
A sostenere questa prospettiva c’è la combinazione di spese per la transizione energetica, ripresa dell’attività industriale e rallentamento dell’espansione mineraria, fattori che potrebbero spingere il rame a livelli record prima del previsto.
Lo stagno segue la stessa traiettoria del rame
Anche per lo stagno, Citi prevede un futuro brillante. La banca ha fissato un target di 40.000 dollari a tonnellata entro il 2026, grazie alla crescita costante della domanda proveniente dai settori dell’elettronica e delle energie rinnovabili.
Al contrario, l’offerta di nuovo metallo continua a essere scarsa, rafforzando la possibilità di un mercato sempre più teso.
Per i grandi gruppi minerari quotati a Londra, Anglo American, Antofagasta e Glencore, la revisione al rialzo rappresenta una boccata d’ossigeno dopo un’estate sottotono per i metalli di base. Un rialzo duraturo del rame avrebbe un impatto diretto sui profitti e sui flussi di cassa, soprattutto per i produttori con costi competitivi in America Latina.
Lo stesso vale per i produttori e trader di stagno, che potrebbero beneficiare di un ritorno di interesse sul mercato londinese, ancora debole in termini di liquidità dopo le turbolenze del 2022.
Il ritorno della fiducia nei metalli industriali
La valutazione di Citi si inserisce in un contesto più ampio di rinnovata fiducia nei metalli industriali, favorita da una maggiore stabilità dell’economia globale e da un’offerta che fatica a tenere il passo con la domanda.
Resta da capire se tutto ciò porterà a un vero e proprio rally, ma il messaggio di Citi non lascia molto spazio ai dubbi: rame e stagno si stanno preparando a chiudere il decennio in forte rialzo.

Fondamentali solidi per l’alluminio nel medio termine, ma nel breve…
L’alluminio ha superato i 2.700 dollari, ai massimi da sei mesi. Tuttavia, la debolezza dell’economia cinese potrebbe mantenere i prezzi in un intervallo stabile nel breve termine
Secondo un recente report di Motilal Oswal, uno dei principali gruppi finanziari indiani, il mercato dei metalli di base si trova all’inizio di una fase di crescita strutturale.
La combinazione di domanda sostenuta dall’elettrificazione globale, calo delle scorte e interruzioni produttive nei principali paesi estrattori lascia intravedere un futuro favorevole per rame, zinco e alluminio. Le prospettive restano solide almeno fino alla fine del 2026, quando il settore dovrebbe beneficiare appieno delle politiche di transizione energetica e degli investimenti infrastrutturali.
L’alluminio brilla sui mercati internazionali
Tra i metalli più performanti spicca l’alluminio, che al London Metal Exchange (LME) ha toccato il massimo degli ultimi sei mesi, superando la soglia dei 2.700 dollari per tonnellata. Il rialzo è stato innescato dal recente taglio dei tassi della Federal Reserve americana di 50 punti base, che ha riacceso l’interesse degli investitori per le materie prime.
A ciò si aggiunge il raggiungimento del tetto massimo di produzione cinese, fissato a 45 milioni di tonnellate, un limite che contribuisce a rafforzare la pressione rialzista sui prezzi.
Nel frattempo, le scorte di alluminio continuano a diminuire rapidamente. Sul LME risultano inferiori del 50% rispetto ai picchi di giugno 2024, mentre sullo Shanghai Futures Exchange (SHFE) la riduzione è del 53%.
Un segnale chiaro di scarsità che, insieme al ritorno dell’ottimismo sui mercati, ha alimentato la corsa del metallo leggero.
La Cina resta il barometro del mercato
Nonostante l’aumento delle importazioni cinesi di alluminio, salite del 40% su base annua a 3,17 milioni di tonnellate nel 2025, il contesto economico del paese rimane fragile. La produzione industriale è rallentata al 5,2%, mentre gli investimenti in beni fissi sono cresciuti solo dello 0,5%, segnali di una ripresa ancora disomogenea.
Gli afflussi di alluminio da Russia, Indonesia e India hanno sostenuto l’approvvigionamento, ma non bastano a compensare la debolezza strutturale della domanda interna cinese.
Per quanto riguarda invece il breve termine, nonostante il clima di ottimismo, i prezzi dell’alluminio potrebbero muoversi in un intervallo definito e non troppo lontani dai livelli attuali. Fattori come la debolezza della produzione cinese e l’incertezza macroeconomica globale potrebbero limitare ulteriori rialzi immediati.
Tuttavia, la tendenza di fondo resta positiva. La transizione energetica e la crescente domanda di materiali leggeri per l’industria verde manterranno l’alluminio tra i protagonisti del nuovo ciclo delle materie prime.
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