La Borsa evita le insidie di un’ondata diffusa di vendite, ma la crescita dei prezzi degli “industriali” è legata a filo doppio sulla propensione allo sviluppo dell’economia reale.

La BCE non cambia idea sui tassi e forse non poteva fare altrimenti. Nel corso delle ultime due settimane molti scenari nel contesto della finanza mondiale sono profondamente mutati e tutti hanno avuto origine fuori dalla territorialità dell’Eurozona.

Una retromarcia da parte di Francoforte sul proseguimento dell’adozione della fase restrittiva della propria politica monetaria, avviata da parecchi mesi, avrebbe forse avuto una chiave di lettura molto distorta e generato ulteriore confusione sui mercati.

L’inflazione resta il nemico da battere, ma d’ora in avanti la BCE dovrà introdurre strumenti più efficaci per limitare il fenomeno della poca autorevolezza dell’euro rispetto alle altre valute, soprattutto il dollaro USD.

Gli effetti del “default” della banca elvetica Credit Suisse paiono essere scongiurati e questa, indipendentemente dalle modalità del suo salvataggio, rappresenta un’ottima notizia per la Borsa LME. L’istituto di credito svizzero ha da sempre operato in modo importante sulle commodities, potendo affermare che una delle cause del suo dissesto provenga proprio da un eccessivo movimento di denaro dei suoi correntisti con obiettivi marcatamente speculativi.

Le posizioni sugli “industriali” che Credit Suisse ha nel proprio portafoglio non sono state chiuse in modo frettoloso per drenare liquidità e questa forma di prudenza si è immediatamente tradotta in una moderata ripresa di quota del listino LME, soprattutto a partire dalla seconda metà dell’ultima ottava di Borsa.

L’indice LMEX chiude su base settimanale in negativo del 2%, ma in recupero di un punto percentuale a partire da giovedì 16 marzo.

Rame in negativo ma evitato il crollo

Il Rame ha retto egregiamente l’urto di un possibile dilagare di chiusure anticipate di posizioni “lunghe”, ma questo non ha evitato al metallo di concludere in negativo la settimana, con una flessione dell’1.8% riferita alla quotazione USD 3mesi. L’azione speculativa con indirizzo ribassista può definirsi ormai conclusa o se si preferisce, annullata e questa situazione permetterà al Rame di avviare in Borsa una fase di progressiva crescita.

Zinco già in territorio rialzista

Lo Zinco, a differenza del Rame, può a tutti gli effetti considerarsi oltre la linea di demarcazione di indirizzo, con il posizionamento della sua quotazione USD 3mesi già nel territorio di indirizzo rialzista.

Ottone e Zama ottime occasioni ai prezzi attuali

La somma positiva riferita alle tendenze di questi due metalli deve risultare per gli utilizzatori di Ottone e Zama come un campanello d’allarme per considerare i prezzi attuali delle due leghe delle ottime occasioni e che avranno una difficile replicabilità in tempi brevi.

Alluminio non ancora pronto per un rialzo a breve

L’Alluminio non risulta ancora pronto per produrre un riposizionamento rialzista che lo ponga nuovamente in modo stabile oltre la soglia dei 2300 USD 3mesi, sebbene la distanza, rispetto all’attuale valore di Borsa, non sia eccessiva.

Il rialzo del Nichel forse provvisorio

L’attenta lettura dei movimenti del Nichel porta a considerare le ultime variazioni verso l’alto con il carattere della provvisorietà, questo a significare che il metallo potrebbe essere interessato ad una fase regressiva del prezzo LME, già a partire dalle prossime sedute di Borsa.

Piombo stabile

La quotazione del Piombo sta veleggiando in un’area del grafico di relativa stabilità, anche se non occorre sottovalutare la sempre eccessiva quota di denaro “lungo” in stazionamento sul metallo, che va a penalizzarlo su una potenziale fase di crescita del prezzo.

Stagno con prospettive positive

Lo Stagno ha finalmente raccolto tutti gli elementi per presentarsi al LME come un metallo dalle prospettive positive, ma molto dipenderà dalla situazione generale di Borsa per poter generare l’effetto volano.

UNO SGUARDO ALLA REALTA’ PRODUTTIVA

Prezzi degli acciai lunghi in stallo, mentre quelli dei rottami crescono

Mentre i prezzi dei lunghi si stanno indebolendo, le quotazioni dei rottami crescono. Alcune acciaierie hanno deciso di sospendere le vendite.

Il mercato dei lunghi in Italia sta languendo. Anche se la situazione non è del tutto chiara e si presenta a macchia di leopardo, i prezzi sono generalmente in calo per i laminati e per il tondo, come diretta conseguenza delle vendite insoddisfacenti che hanno riguardato i primi due mesi di quest’anno.

Le ultime settimane sono state tranquille per le vendite di laminati mercantili e i distributori hanno comprato solo sul venduto, oppure hanno utilizzato il materiale in giacenza presso i propri magazzini. D’altronde, con consumi tanto deboli nessuno si arrischia a prendere una posizione diversa. Sempre in tema di laminati mercantili, attualmente, i prezzi sono in media di 480 euro per tonnellata e con gli extra dimensionali arrivano a 900 euro per tonnellata (franco fabbrica).

Si attendono nuovi aumenti di prezzo

Tuttavia, gli stessi compratori si aspettano che nei prossimi giorni i prezzi possano aumentare a causa della crescita dei costi di produzione.

Proprio la scorsa settimana, ArcelorMittal ha comunicato ai suoi clienti in Europa che i prezzi dei lunghi aumenteranno visto che l’azienda vuole recuperare parte della perdita di margine dovuta ai maggiori costi di produzione. I prezzi di vendita aumenteranno di circa 30 euro per tonnellata, ma i contratti più a lungo termine (quelli per il secondo trimestre) e per i prodotti di qualità superiore sono già stati aumentati di almeno 50 euro per tonnellata.

Per il momento, alcuni i produttori hanno sospeso le vendite

Nel frattempo, a conferma di un mercato leggermente schizofrenico, i prezzi dei rottami sono aumentati di circa 20-25 euro a tonnellata. Il fenomeno riguarda non solo il mercato italiano, ma un po’ tutta l’Europa.

In queste condizioni, alcuni produttori d’acciaio hanno deciso di sospendere le vendite con l’intenzione di chiedere presto aumenti di prezzo significativi.

Gli alti costi di produzione dell’alluminio colpiscono anche Rusal: profitti a -44%

La russa Rusal ha riportato un crollo dei profitti nel 2022, in gran parte dovuto all’aumento dei costi per produrre alluminio.

Il 2022 si è chiuso con un crollo dei profitti per la russa Rusal. L’aumento dei costi produttivi e della volatilità del mercato a seguito della guerra in Ucraina hanno fatto scendere i profitti di circa il 44%.

La Rusal è un gigante della produzione di alluminio ed è il più grande produttore del mondo al di fuori della Cina. Riassumendo i problemi più grossi che ha dovuto affrontare durante lo scorso anno, possiamo ricordare la fine della produzione in una raffineria di allumina in Ucraina e il divieto australiano sulle esportazioni di allumina e bauxite verso la Russia.

I costi di produzione sono lievitati del 31,8%

Infatti, la raffineria di allumina di Mykolaiv è stata nazionalizzata dal governo ucraino nel febbraio di quest’anno. Nonostante Rusal abbia deciso di presentare ricorso contro questa decisione dell’Ucraina, per il momento il valore dei suoi beni in questa raffineria è stato azzerato.

Ad ogni modo, considerando tutto quello che si è verificato nel travagliato 2022, i costi di produzione di Rusal sono aumentati del 31,8%, raggiungendo 2.190 dollari per tonnellata rispetto a 1.661 dollari dell’anno precedente. Inoltre, il costo di acquisto dell’allumina è balzato del 149,3% e la sfida per quest’anno sarà di trovare nuovi fornitori.

Il bilancio di fine anno si è così chiuso con un utile di 1,79 miliardi di dollari, in netto calo rispetto ai 3,23 miliardi del 2021.

Glencore dice che non rinnoverà il contratto da 16 miliardi di dollari

L’altra notizia di questi giorni che probabilmente avrà una certa influenza sui prossimi bilanci della Rusal è la decisione di Glencore di non rinnovare un accordo da 16 miliardi di dollari (il contratto scade il prossimo anno) per l’acquisto di alluminio. Come riportato da Reuters, la decisione di abbandonare l’accordo rientra nella politica di Glencore di non fare nuovi affari con la Russia, pur continuando ad onorare i contratti esistenti.

Al contrario, secondo Bloomberg, uno dei maggiori concorrenti di Glencore, Trafigura Group, è in trattativa per assicurarsi il metallo di Rusal.

APPROFONDIMENTO

Cresce la domanda di stagno ma non l’offerta. Mancherà metallo…

Anche il meno informato tra gli investitori è a conoscenza delle enormi potenzialità di tutti quei metalli destinati a beneficiare della transizione verso fonti di energia più pulite. I primi che vengono in mente sono nichel, litio cobalto o rame solo per citarne alcuni.

Tuttavia, soltanto i più informati si rendono conto che esiste un altro metallo critico totalmente trascurato dagli investitori, ma che riveste un ruolo fondamentale nell’elettronica e che troviamo in ogni tipo di tecnologia: lo stagno.

Dove c’è elettronica c’è stagno

In genere, le quantità di stagno impiegate nelle varie applicazioni sono piccole (è usato in gran parte per le saldature). Per esempio, in un auto elettrica ci sono solo pochi grammi di stagno rispetto a 80 chilogrammi di rame e 8 chilogrammi di litio. Tuttavia, qualsiasi congegno elettronico ha bisogno di stagno e i pochi grammi diventano presto tonnellate.

Lo stagno è ovunque e non ci sono in vista altri materiali che possano sostituirlo perché per farlo sarebbe necessario stravolgere il modo in cui vengono prodotti tutti i dispositivi elettronici. Per queste ragioni molti paesi, tra cui Stati UnitiGiappone e Regno Unito, lo considerano un minerale critico.

Ma come è strutturato il mercato di questo metallo? Innanzitutto, fino ad oggi, i consumi sono stati relativamente stabili, con una crescita di circa il 2% all’anno. La miniaturizzazione dell’elettronica (che riduce il volume di stagno richiesto per articolo) compensava in parte la crescente domanda di elettronica in tutto il mondo.

Nel prossimo decennio cambieranno gli equilibri di mercato

Tuttavia, anche per lo stagno, le cose cambieranno nel prossimo decennio. L’ascesa dei veicoli elettrici e il diffondersi della tecnologia dei telefoni cellulari 5G (che richiede una densità di infrastrutture molto maggiore) sono destinati a far aumentare significativamente la domanda. Anche il settore dei pannelli solari fotovoltaici avrà bisogno di più stagno. Si prevede che la domanda dell’industria solare raggiungerà le 25.000 tonnellate quest’anno (dieci anni fa era praticamente nulla) e potrebbe raddoppiare entro il 2030.

Secondo un recente studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT), lo stagno sarà il metallo che più risentirà dell’ascesa delle nuove tecnologie (veicoli elettrici, la robotica e le energie rinnovabili) davanti a litio, cobalto e argento.

L’International Tin Association (ITA) prevede che la domanda di stagno potrebbe raggiungere le 500.000 tonnellate entro il 2030, rispetto alle 400.000 tonnellate dell’anno scorso.

L’offerta non riuscirà a tenere il passo con la domanda

Naturalmente, quando la domanda di un metallo cambia così radicalmente, gli occhi sono puntati sull’offerta e sulla sua capacità di tenere il passo.

Geologicamente, lo stagno è uno degli elementi più rari, molto più raro di altri metalli di base. Si tratta di un metallo che muove volumi relativamente piccoli, tali da non risvegliare l’interesse delle grandi società minerarie mondiali.

Negli ultimi decenni l’offerta è stata facilmente in grado di tenere il passo con la domanda, utilizzando il metallo proveniente da minatori artigianali in Africa e in Asia, oltre alle riserve strategiche degli Stati Uniti quando i prezzi aumentavano troppo. Inoltre, ormai da dieci anni, è entrato sulla scena mondiale dei produttori di stagno il Myanmar che è diventato uno dei maggiori produttori.

Ma, nei prossimi anni, con le riserve strategiche americane diminuite e circa il 90% della capacità di fusione dello stagno situata nel sud-est asiatico, le aziende occidentali sono preoccupate per la sicurezza dell’approvvigionamento. Preoccupazioni più che giustificate anche dalle decisioni dellIndonesia che, dopo aver vietato le esportazioni di minerale di nichel per favorire l’industria locale delle batterie, potrebbe fare lo stesso per lo stagno.

Considerando le miniere che potrebbero essere sviluppate nei prossimi anni ( lo sviluppo di nuovi progetti minerari richiede almeno 8-10 anni), l’ITA prevede un deficit di stagno di circa 50.000 tonnellate entro la fine del decennio.

LINK UTILI

METALLI RARI : https://www.metallirari.com/prezzi-acciai-lunghi-stallo-rottami-crescono/

METALLI RARI : https://www.metallirari.com/alti-costi-alluminio-colpiscono-rusal-profitti-meno-44-percento/

METALLI RARI : https://www.metallirari.com/cresce-domanda-stagno-non-offerta-manchera-metallo/

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