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condivido con te le ultime notizie dalla Borsa LME relative alla scorsa settimana ed alcuni approfondimenti dal mondo dei metalli.

La fuga in avanti del Rame lascia dietro una situazione di forte incertezza per il futuro dell’intero listino degli “industriali”

Una delle cose più complesse che possano essere svolte in questo momento è l’individuazione di un possibile univoco indirizzo sullo stato di salute dell’economia mondiale.

Le notizie che giungono con cadenza quotidiana dai vari punti del pianeta sono sostanzialmente positive nei loro contesti di attribuzione, con USA e India mettere in evidenza risultati lusinghieri in termini di crescita del PIL e nell’Eurozona con i primi significativi successi nel contenimento dell’inflazione.

La collocazione temporale di questi indicatori resta però sempre riferita ad almeno il mese precedente o all’insieme di un trimestre anteriore al momento della loro pubblicazione.

Il clima percepito è comunque un altro, dove molti dei fattori positivi elencati porta a delle conseguenze effettive sui mercati e nei comparti della manifattura che sono di tutt’altro tono. L’esempio della settimana LME mette ben in evidenza la situazione, seppur circoscritta ai metalli industriali.

La crescita settimanale dell’indice LMEX oltre il punto percentuale, l’1,24 per la precisione, tralascia molti dettagli specifici, come il procedere incerto di quasi tutte le voci del listino con la sola eccezione del Rame.

Crescita del Rame, rilevante anomalia.

La crescita del 2,6% negli ultimi otto giorni del metallo guida del LME risulta a tutti gli effetti un’anomalia di significativa rilevanza, va quindi analizzata con molta attenzione, soprattutto servirà verificare se la fase positiva del Rame potrà costituire un effetto traino per gli altri “industriali” quotati in Borsa.

Il fulcro di questo momento incrementale del metallo è individuabile da una eccezionale attività di natura finanziaria-speculativa con orientamento rialzista, che ha fatto letteralmente gonfiare il valore del Rame fino portandolo a lambire la soglia degli 8.700 USD 3mesi.

Gli utilizzatori dovranno muoversi con estrema cautela, poiché il crollo del prezzo del “metallo rosso” potrebbe avvenire improvvisamente.

Zinco, alle spalle la fase acuta della discesa.

La fase acuta della discesa dello Zinco risulta ormai alle spalle, ma per essere più precisi, occorrerebbe dire che è terminato il momento delle turbative del prezzo dollari / 3mesi che si erano venute a creare nella fase ascendente del riferimento di Borsa, culminato nella seduta del 15 novembre.

Le leghe: Ottone e Zama

Le leghe, soprattutto l’Ottone, risentiranno degli ultimi fattori di variabilità dei metalli di riferimento. La variazione prevista per i semilavorati di Ottone, proporzionalmente alla percentuale di Rame in lega, si aggirerà intorno ai 100 Euro/tonnellata, con prospettiva di ulteriore crescita e fino al termine della spinta speculativa di cui si è parlato in precedenza. La Zama ha toccato il suo minimo relativo nei giorni scorsi, con il fattore Zinco da non sottovalutare per gli inevitabili condizionamenti positivi generabili da una situazione di possibile ulteriore crescita del Rame.

Alluminio fuori dall’orbita speculativa.

Le vicende “calde” della Borsa LME non paiono riguardare l’Alluminio, che ad ogni rimodulazione ribassista del suo prezzo di Borsa domanda e offerta trovano un adeguato punto di contatto, a dimostrazione del fatto che il metallo è al momento fuori dall’orbita speculativa.

Nichel, fine della caduta o inabissamento?

Il Nichel ha tentato in alcune circostanze di superare la sua più importante linea di demarcazione tra una nuova e ritrovata capacità di crescita del prezzo LME 3mesi e l’inabissamento verso fondali sconosciuti, definibile nei 17mila dollari. Gli utilizzatori stanno spingendo verso una direzione rialzista del prezzo del Nichel, ma l’eccesso di denaro “lungo” che sta andando nuovamente fuori controllo, non sta giocando a favore in un’ottica di rinforzo ulteriore del prezzo LME.

È cambiata l’attenzione della speculazione sul Piombo

Non è certo corretto affermare che il Piombo non stia più ricevendo le cure del comparto speculativo-finanziario, ma se fino a qualche settimana fa avevano l’effetto nel far crescere il suo valore di Borsa, ora le medesime attenzioni portano a comprimerlo significativamente.

Rapido riposizionamento rialzista per lo Stagno?

Un momento decisamente importante nel corso della settimana lo vivrà lo Stagno, ormai prossimo ad abbandonare il profilo ribassista che ha caratterizzato il metallo nelle ultime due settimane. L’effetto “minimo relativo” non ha colto impreparati molti utilizzatori di Stagno, con la tendenziale concentrazione di maggiori quantità di metallo fisico in acquisto e che determinerà un rapido riposizionamento rialzista del suo valore di Borsa.

Alluminio: cresce il deficit e Goldman Sachs prevede prezzi più alti.

Mentre i prezzi dell’alluminio stanno salendo, i traders si aspettano che a partire dal prossimo anno ci sarà un deficit di metallo. Ecco quali prezzi prevede Goldman Sachs…

L’argomento che tiene banco in questo periodo sul mercato dell’alluminio è il probabile deficit di offerta per il prossimo anno a causa dei vincoli alla produzione in Cina.

Anche per queste aspettative da parte dei trader, i prezzi dell’alluminio non sono sprofondati verso il basso. Le quotazioni dell’alluminio sul London Metal Exchange (LME) infatti sono cresciuti in questi ultimi giorni di quasi l’1%, per poi adagiarsi intorno ai 2.218 dollari per tonnellata.

I tagli alla produzione a causa della carenza di energia elettrica invernale in Cina, che produce più della metà dell’alluminio mondiale, continuano a sostenere i prezzi.

Per Goldman Sachs, prezzi a 2.600 dollari nel 2024

Secondo Bloomberg, l’alluminio si sta avviando lungo una tendenza al rialzo, dopo aver toccato il minimo il mese scorso. I prezzi vengono aiutati anche da un dollaro più debole, grazie alle aspettative di una politica monetaria più espansiva da parte della Federal Reserve americana (FED) per il prossimo anno.

Ma sono le recenti previsioni di Goldman Sachs che stanno facendo discutere gli operatori del settore. La potente banca d’investimento americana prevede una carenza globale di 1,23 milioni di tonnellate di alluminio primario nel 2024, quasi il doppio del deficit del 2023.

Di conseguenza, i prezzi dovrebbero salire a 2.600 dollari a tonnellata nei prossimi 12 mesi.

Ad oggi, l’offerta di alluminio è abbondante

Queste previsioni posso sembrare abbastanza sorprendenti dal momento che nel breve termine il mercato dell’alluminio vede un’offerta abbondante, con i prezzi spot LME che sono a sconto di oltre 40 dollari a tonnellata rispetto ai contratti a termine (3 mesi).

Ma, come hanno spiegato gli analisti di Goldman Sachs, il raggiungimento dei limiti produttivi in Cina e i tagli invernali nella provincia dello Yunnan porteranno ad una crescita produttiva cinese di solo il 2% durante il prossimo anno, insufficiente per mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta.

Mohammed bin Salman

Ambizioso piano dell’Arabia Saudita: divenire hub globale di metalli

Mohammed bin Salman, il principe ereditario dell’Arabia Saudita, guarda ai metalli come una nuova fonte di ricchezza per il suo paese.

In Arabia Saudita stanno trivellando nel deserto, ma non alla ricerca di petrolio. Stanno cercando metalli che potrebbero essere sepolti sotto la sabbia e che potrebbero valere oltre 1,3 trilioni di dollari.

Il giovane e ambizioso Mohammed bin Salman, principe ereditario e leader di fatto dell’Arabia Saudita, è pronto ad investire miliardi per far diventare il paese un hub dei metalli che possa incidere sugli equilibri globali. Vuole convincere le compagnie minerarie internazionali che vale la pena esplorare, sviluppare ed estrarre metalli in Arabia Saudita.

Nuovi impianti di raffinazione e lavorazione in Arabia Saudita

Se il piano di bin Salman avesse successo, anche solo parziale, le conseguenze sarebbero significative e non solo in Medio Oriente. Infatti, cambierebbero le catene di forniture dei metalli e, soprattutto, cambierebbero le relazioni dell’Arabia Saudita con gli Stati Uniti, la Cina e i mercati emergenti.

Per il momento sta già nascendo una nuova miniera a cielo aperto di zinco e rame a circa 200 chilometri a ovest della capitale saudita, Riyad. Se tutto andrà bene, entro il 2025, il sito di Khnaiguiyah produrrà metalli tra cui 100.000 tonnellate all’anno di zinco e 10.000 tonnellate di rame.

Non si tratta di grandi quantità, ma il piano del principe saudita prevede anche di acquistare risorse altrove per essere poi raffinate e lavorate in nuovi impianti in Arabia Saudita.

A luglio, l’Arabia Saudita ha preso parte a un accordo da 3,4 miliardi di dollari in Brasile, acquistando una partecipazione nell’unità di metalli di base di Vale SA.

L’accordo ha dato agli arabi una quota del 10% in uno dei fornitori cruciali al mondo di nichel e rame, metalli essenziali necessari per la decarbonizzazione. La transazione è stata la prima di Manara Minerals, un veicolo creato dal potente fondo sovrano dell’Arabia Saudita (Maaden).

Si tratta dello stesso fondo sovrano che sta creando un nuovo gigante siderurgico nazionale con l’acquisizione dell’unità metalli del produttore chimico Saudi Basic Industries Corp. per 3,3 miliardi di dollari (Saudi Iron & Steel Company da Sabic).

Un fornitore di metalli e minerali alternativo alla Cina?

L’obbiettivo di bin Salman è di posizionare l’Arabia Saudita come fornitore alternativo alla Cina per i metalli e i minerali vitali per la transizione energetica globale, come le batterie per le auto elettriche.

Il piano del regno è quello di trasformarsi in una potenza economica e industriale e per riuscirci ha bisogno di minerali e metalli. Rame, prima di tutto, ma l’Arabia Saudita vuole estrarre anche fosfati e uranio per il suo nascente programma nucleare.

Probabilmente, l’ostacolo più grande alla realizzazione del sogno saudita è la geologia del paese che ha riserve di uranio, ma del tutto antieconomiche.

Stesso discorso per i depositi di rame di origine vulcanica, cioè, localizzati in aree di piccole e medie dimensioni, cosa che li rende meno attraenti per l’estrazione mineraria rispetto ai depositi che si trovano in altre aree del pianeta (le Ande per esempio).

Comunque vadano i piani del ricco principe saudita, rimane il fatto che, anche nell’era della rivoluzione digitale, della finanza globale e dell’Intelligenza Artificiale, è ancora la vecchia e sporca attività mineraria a costituire uno dei pilastri del nuovo futuro pulito.

Una considerazione che fa sorridere sotto i baffi i vecchi lupi delle miniere.

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