Buongiorno,

Le vicende del “LME Week” peseranno nella determinazione settimanale dei listini di Borsa, una turbativa di mercato che inevitabilmente genererà trend imprevedibili.

La settimana del LME Week è giunta. L’evento londinese del London Metal Exchange, più volte menzionato in questa sede, tanto da scandirne un vero e proprio conto alla rovescia, rappresenta, se così la possiamo definire, un’autentica “pietra d’inciampo” nelle dinamiche delle fissazioni delle quotazioni dei metalli industriali.

Gli utilizzatori dovranno mettere in conto, da oggi ed almeno fino a metà della prossima settimana, delle forzature sugli indirizzi dei prezzi visti negli ultimi tempi. Un evento sempre più elitario, un cerchio magico, nonostante le realtà dei fatti di questi ultimi tempi, elencabili in: pandemia, guerra russo-ucraina, politiche monetarie restrittive delle Banche Centrali e non ultima l’emergere di una crisi economica di gravità eccezionale, dovrebbe portare a delle riflessioni, improntate al pragmatismo, sul ruolo presente e futuro del London Metal Exchange.

Le avvisaglie di una settimana dalla difficile interpretazione, per le dinamiche di quotazione degli “industriali”, si è già avuta in prossimità della chiusura di seduta di venerdì scorso, con tutti i metalli che hanno riportato dei sensibili innalzamenti di prezzo, su tutti il Rame, cresciuto di oltre 200 dollari rispetto alla quotazione “official” USD 3 mesi registrata qualche ora prima.

L’eccesso di denaro “lungo” sarà quindi l’elemento da tenere sotto maggior controllo, anche se è fondamentale considerare la caratterizzazione degli scambi avvenuti alla Borsa LME in queste ultime settimane, il cui effetto è stato quello di quotazioni decisamente sottostimate per tutti i metalli.

Attenzioni concentrate sul Rame

Le attenzioni generali saranno quindi concentrate sui prossimi movimenti del Rame, anche alla luce del balzo pomeridiano dello scorso 21 ottobre. La situazione nel breve periodo sarà quindi rialzista per il “metallo rosso”, anche se le persistenti incertezze sulla crescita economica a livello globale, oltre all’imminenza di nuove manovre restrittive in chiave monetaria, renderanno l’escursione della crescita del Rame un evento occasionale.

Zinco in forte resistenza per quota 3.000 USD / 3mesi

Lo Zinco sta trovando una forte resistenza a ricollocarsi oltre la soglia dei 3mila USD 3mesi, elemento di normalità fino all’inizio di ottobre, il simposio londinese potrà essere l’elemento di contorno per ritrovare il metallo oltre tale linea. Le conseguenze sui prezzi delle leghe di riferimento di Rame e Zinco, vale a dire Ottone e Zama, saranno inevitabili ed in chiave rialzista, da considerare comunque il limitato asse temporale di questi eventi, anche se le occasioni interessanti di acquisto sono già passate in archivio.

Alluminio stabile

L’Alluminio sta beneficiando di un contesto di relativo equilibrio tra domanda e offerta, le possibili tensioni che si manifesteranno in Borsa nei prossimi giorni influenzeranno sicuramente l’indirizzo del prezzo USD 3mesi con una connotazione di segno positivo.

La speculazione aleggia sul Nichel

Il Nichel sarà il metallo dalla chiacchiera più diffusa, soprattutto per gli eventi del marzo scorso e per lo strascico di polemiche sulla decisione del “delisting” e delle azioni legali tuttora in corso su quella vicenda. Il comparto speculativo ha già “alzato le antenne” sul Nichel ed in molti si auspicano di portare a casa delle marginalità interessanti sui movimenti rialzisti del metallo e in un frangente di tempo estremamente limitato.

Momentaneo aggiustamento per il Piombo

Il tonfo del Piombo va letto come un momentaneo aggiustamento negativo, la cui azione non è ancora giunta al suo epilogo, ma che evidenzia il suo elevato livello di variabilità, caratterizzazione che accompagnerà il metallo per lungo tempo.

Stagno in caduta libera

La parola fine alla parabola ribassista dello Stagno non è prossima a comparire, sebbene un limite fisiologico di minimo, a breve, dovrà essere trovato. La quotazione attuale del metallo risulta pari a quella di giugno 2019, una decrescita compiuta in circa otto mesi e iniziata all’indomani del raggiungimento del suo massimo storico nello scorso febbraio.

UNO SGUARDO ALLA REALTA’ PRODUTTIVA

I gruppi imprenditoriali affermano che i divieti sull’alluminio russo decimeranno l’industria europea

Cinque associazioni industriali europee hanno annunciato oggi di aver esortato le autorità europee a prevenire sanzioni, tariffe o boicottaggi contro l’alluminio russo che, secondo loro, potrebbero mettere fuori mercato migliaia di aziende.

Rusal, produce circa il 6% dell’alluminio mondiale. Questo metallo non è stato preso di mira dalle sanzioni occidentali contro la Russia dopo la sua invasione dell’Ucraina.

Ma gli Stati Uniti stanno prendendo in considerazione restrizioni sulle importazioni di alluminio russo e il London Metal Exchange (LME), il più grande centro commerciale dei metalli, sta chiedendo ai membri se ritengono opportuno vietare il materiale russo dal suo sistema.

In una dichiarazione congiunta, le associazioni hanno dichiarato di aver inviato una lettera alle autorità dell’UE e “hanno chiesto l’intervento urgente della Commissione europea e degli Stati membri dell’UE contro le minacce di divieti, tariffe elevate o sanzioni sull’alluminio russo che rappresentano una minaccia imminente e vitale per l’industria europea dell’alluminio”.

La dichiarazione afferma che coloro che boicottano o chiedono misure contro il metallo russo “sono i suoi principali concorrenti o godono di opzioni di fornitura che non sono disponibili per la stragrande maggioranza della catena del valore dell’alluminio europeo”.

Per i piccoli utilizzatori di alluminio in Europa, le misure contro il metallo russo rischiano di creare una situazione dove ci saranno “potenzialmente migliaia di chiusure di aziende e decine di migliaia di disoccupati in più in Europa come conseguenza diretta”.

L’industria europea è sotto pressione a causa dell’elevata inflazione e del rapido rallentamento della crescita economica, mentre gli elevati prezzi dell’energia hanno portato alla chiusura di oltre un milione di tonnellate di produzione di alluminio dal 2021.

Ricordiamoci che nel 2018, dopo che gli Stati Uniti hanno sanzionato Rusal e il LME ha bloccato il suo metallo, i prezzi dell’alluminio sono aumentati del 35% in pochi giorni, non è escluso quindi che la stessa situazione possa ripetersi oggi.

Le cinque associazioni che si sono rivolte alle varie autorità europee sono, la Federazione dei consumatori di alluminio in Europa (FACE), l’Associazione federale tedesca per lo sviluppo economico e il commercio estero (BWA), l’Associazione italiana dei fornitori di fonderia (Amafond), l’Associazione nazionale italiana acciai, metalli, rottami, ferramenta (Assofermet) e l’Associazione italiana fonderia (Assofond).

Rame: la Cina potrebbe risolvere il problema russo dell’LME

La Cina sarà una componente fondamentale del modo in cui il London Metal Exchange (LME) deciderà di risolvere il suo problema con la Russia, con la possibilità che il più grande importatore di metalli al mondo diventi l’effettivo mercato di ultima istanza.

L’LME si trova ad affrontare una situazione che quasi certamente non è vantaggiosa per quasi tutti i suoi stakeholder: cercare di capire cosa fare con le spedizioni russe di rame, nichel, alluminio e altri metalli “industriali”.

Sebbene la scelta si riduca in gran parte a permettere ai produttori di metalli russi di continuare a commerciare liberamente all’interno del sistema LME o a vietarlo di fatto, entrambe le strade avranno probabilmente conseguenze che non tutti gli attori saranno disposti ad accettare.

È qui che la Cina potrebbe giocare un ruolo, soprattutto nel rame e nel nichel, e forse anche nell’alluminio. La teoria è che la Cina sarà felice di prendere il metallo russo che non può più entrare nel sistema LME, a causa di azioni governative o di auto-sanzioni da parte di aziende che non vogliono più fare affari con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca il 24 febbraio scorso.

Non sarà certamente per compassione, che la Cina si approvvigionerà di metallo russo, ma piuttosto perché le forniture possono essere assicurate a uno sconto sui prezzi di riferimento dell’LME. Esiste già una sorta di modello di come la Cina potrebbe diventare il mercato di ultima istanza per il metallo russo, alcune indicazioni infatti ce le fornisce l’esperienza di quest’anno in merito a come è andata a finire con il petrolio greggio e il carbone russo.

La Russia ha superato l’Arabia Saudita come primo fornitore di greggio della Cina, che ha anche aumentato le importazioni di carbone russo. Non si tratta di una storia solo cinese per le materie prime energetiche: anche l’India ha incrementato le importazioni di greggio e carbone russo, con entrambi i giganti asiatici che hanno approfittato degli sconti offerti.

È possibile che qualsiasi divieto sul metallo russo in Europa o nel sistema LME, provochi un riallineamento dei flussi globali del metallo, con la Cina che acquista ciò che gli altri non sono più disposti o in grado di prendere dalla Russia.

Tuttavia, l’esperienza nel settore dell’energia dimostra che questo tipo di riallineamento comporta costi sostanziali. In generale, qualunque cosa emerga dal documento di discussione dell’LME sul metallo russo, è probabile che nel 2023 si assisterà a qualche forma di sconvolgimento delle modalità consolidate di fare affari.

Il precedente del greggio e del carbone non è esattamente confortante e, ancora una volta, molto dipenderà da come la Cina reagirà a qualsiasi mossa dei governi occidentali e degli operatori del mercato dei metalli.

L’Europa sull’orlo della “disastrosa” deindustrializzazione.

La crisi energetica e i successivi interventi sul mercato da parte dell’UE, hanno lasciato in ginocchio le industrie pesanti europee ad alta intensità energetica, dice Nick Keramidas di MYTILINEOS a Energy Monitor.

Circa il 50% della capacità europea di alluminio è già stata ridotta, e questo potrebbe trasformarsi in una situazione permanente. Se qualcosa non viene fatto rapidamente per risolvere la situazione, allora le prospettive non sono buone per il restante 50%.

Keramidas dice “Siamo estremamente preoccupati che ci sia inazione a Bruxelles, e in una certa misura questo problema è stato minimizzato. Abbiamo cercato ripetutamente di segnalarlo alla Commissione europea. A settembre, c’è stata una lettera firmata da circa 40 amministratori delegati dell’industria dei metalli non ferrosi alla Commissione, che spiegava non solo come questa situazione si sta disfacendo per le fonderie europee, ma anche cosa sta succedendo nel resto del mondo”.

Nuove capacità produttive stanno nascendo in luoghi come l’Indonesia, la Cina e anche gli Stati Uniti. Questa nuova capacità sta lentamente sostituendo la capacità ridotta dell’Europa. L’impatto potrebbe essere devastante, portando alla deindustrializzazione, ed avrebbe enormi ramificazioni sul PIL, sull’occupazione, sull’autonomia strategica, e così via. Questo è un risultato che non possiamo permetterci. In tutta Europa, migliaia di posti di lavoro sono già andati perduti per via della chiusura di impianti industriali, causati dagli alti prezzi dell’energia.

Inoltre, l’Europa avrà bisogno di notevoli quantità di materie prime e metalli per raggiungere i suoi obiettivi climatici di azzeramento delle emissioni nette. Sarebbe una catastrofe se dovessimo importare tutti questi materiali da paesi in cui la produzione non è così a basse emissioni di carbonio come in Europa. Quando si guardano le cifre, la produzione europea [di alluminio] ha la metà dell’impronta di carbonio della media globale per l’alluminio primario e tre volte inferiore alla Cina. Se si rimuove una tonnellata (t) di alluminio in Europa e si inizia a produrlo in Cina, l’impatto netto è di ulteriori 12 tonnellate di CO2 nelle emissioni globali. Dovremmo invertire questa tendenza e produrre più materie prime in Europa. È semplice matematica. Purtroppo, in Europa c’è stata troppa ossessione per la semplice riduzione delle emissioni europee.

Il processo decisionale europeo si sta trasformando in una sorta di asta eBay in cui tutti cercano di fissare l’obiettivo più alto. Non è così che funziona. Sia RE Power EU che il Green Deal europeo più in generale sono stati pianificati senza un’analisi costi-benefici realistica e, di conseguenza, i loro obiettivi non sono in contatto con la realtà. Per ottenere veramente il cambiamento, dobbiamo stabilire le condizioni abilitanti necessarie e le decisioni devono essere basate su dati solidi, ad esempio quali materie prime saranno necessarie e come le forniremo.

È una storia simile con l’idrogeno verde, che farà sicuramente parte del nostro futuro. La produzione di idrogeno verde è ancora più intensiva di energia elettrica rispetto alla produzione di alluminio. La produzione di alluminio richiede 14 MWh di elettricità per produrre una tonnellata di alluminio, mentre l’idrogeno richiede ben 55 MWh/t, più dieci tonnellate di acqua dolce.

L’energia necessaria per produrre idrogeno verde è astronomica – e qui sta l’incoerenza. Abbiamo a che fare con una crisi in cui non abbiamo abbastanza energia, ma allo stesso tempo, i responsabili politici stanno proponendo che dovremmo usare grandi quantità di elettricità per produrre idrogeno. Questo è a dir poco controintuitivo: farà salire i prezzi dell’elettricità ancora più in alto e aumenterebbe il rischio di carenze per altri consumatori.

LINK UTILI PER APPROFONDIRE

REUTERS : https://lnkd.in/eNn6Yc_A

COMMODITY EVOLUTION : https://www.commodityevolution.com/2022/10/25/rame-la-cina-potrebbe-risolvere-il-problema-russo-delllme/

ENERGY MONITOR : https://lnkd.in/e8paxNNH

Newsletter redatta in collaborazione con Metalweek – per maggiori informazioni e per consultare grafici e tabelle prezzi , ti metto qui di seguito il link

METALWEEK : https://www.metalweek.it//filemanager/mw/MWBASE221024.html

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