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Condivido con te le ultime notizie dalla Borsa LME relative alla scorsa settimana ed alcuni approfondimenti dal mondo dei metalli.

Il cambio d’idea sui dazi da parte di Trump fa ritrovare slancio ai prezzi degli “industriali” al LME, contenti gli utilizzatori dell’Eurozona che non percepiscono gli aumenti grazie al momento di forte debolezza del dollaro.

Nel dare una pragmatica descrizione a quelle che sono le più generiche reazioni al presentarsi di anomalie improvvise nella gestione del cosiddetto “quotidiano”, si è soliti abbinare a due parti ben distinte del corpo umano, la testa e la pancia.

In questo modo si cerca di dare le connotazioni di massima per come vengono gestite le problematiche da affrontare e possibilmente da risolvere.

La “querelle” dei dazi, secondo la visione generale del Presidente Trump è una situazione, che, se mai ci sarà, non avrà modo di perdere d’intensità per almeno i prossimi due anni, il tempo necessario per lo svolgimento delle elezioni di “medio termine”, che potrebbero mutare drasticamente il quadro politico a livello nazionale.

La vittoria e quindi la riconferma dei repubblicani o il formarsi di una nuova maggioranza formata dai democratici, sarebbe auspicabile che portasse il ritorno delle entità aggregate di persone, come i partiti appunto, capaci di generare dei ragionamenti condivisi e quindi di testa, all’opposto di prese di posizione di pancia se attorno al decisore esiste, a tutti gli effetti, il nulla.

Una settimana molto complessa per gli “industriali” al LME, riassunta dall’andamento instabile dell’indice LMEX e che al termine della cinquina di sedute ha evidenziato una situazione di recupero della sua ricollocazione periodica di circa due punti percentuali rispetto all’ottava precedente.

Un aspetto esterno, ma determinante per gli indirizzi dei prezzi di Borsa dei metalli è risultato essere il tema valutario, con la ricollocazione del dollaro rispetto all’euro ai livelli del gennaio 2022 e un calo del 3% su base settimanale.

Gli utilizzatori dell’Eurozona stanno beneficiando a tutti gli effetti di un differenziale, rispetto ai prezzi effettivi in dollari, di circa un punto percentuale, portando ad uno stato di eccessiva vitalità l’intero listino LME.

Dinamica rialzista per il Rame

Il Rame è ritornato in “backwardation” (prezzo 3mesi inferiore al Settlement), dando in questo modo il segnale di forte accelerazione della dinamica rialzista del suo prezzo in dollari e che non si attenuerà nell’intera settimana.

Zinco tra i meno performanti

Le riserve su una repentina ripresa dello Zinco si sono evidenziate sul finire della precedente ottava, con il metallo che, oltre a presentare un eccesso di denaro con direzionalità rialzista, e stato tra i meno performanti a riguardo della crescita generalizzata del listino degli “industriali”.

Le leghe, Ottone e Zama

La debolezza del dollaro, in aggiunta alle appena evidenziate incertezze dello Zinco, porterà a delle ripercussioni dirette sulla determinazione del prezzo di riferimento della Zama. Nel caso dell’Ottone i prezzi sono attesi in crescita, dovuti soprattutto alla costante ripresa del prezzo del Rame e da un più che probabile stato di recupero del dollaro rispetto all’euro.

Alluminio lascia un periodo travagliato

L’Alluminio, pur rimanendo in territorio positivo nella definizione del suo valore USD 3mesi, non avrà modo di lasciare in maniera determinate la linea dei 2400 dollari, raggiunta nuovamente dopo un inizio di mese piuttosto travagliato per le note vicende sui dazi.

Situazione di pausa per il Nichel

Il Nichel registrerà una situazione di pausa rispetto ai valori che ha fatto registrare al LME a partire dalla seconda parte dell’ultima ottava di Borsa, pur rimanendo al di sopra dei 15mila dollari, sinonimo di una struttura d’indirizzo che rimarrà positiva.

Crescita del Piombo legata ai consumi cinesi per le batterie

La crescita che il Piombo farà registrare nei prossimi giorni andrà vista introducendo qualche riserva sulla sua vera determinazione di prezzo nell’imminente futuro e molto dipenderà dall’assorbimento di questo metallo da parte dei produttori cinesi di batterie.

Fine della caduta dei prezzi dello Stagno

La seduta LME del 9 aprile ha messo fine alla caduta verticale della determinazione del valore di Borsa dello Stagno, sceso sotto la soglia dei 30mila dollari 3mesi e mai più toccata dalla terza settimana di gennaio. La ricollocazione al di sopra di quota 30mila è avvenuta prontamente per la quotazione LME dello Stagno, ma molto importante per il suo ulteriore rinforzo sarà il clima generale che si respirerà in Borsa in questa e nelle prossime ottave.

Alluminio: Goldman Sachs taglia i prezzi. Ci aspetta un rallentamento globale

Le nuove misure protezionistiche annunciate da Trump e la debole crescita economica globale spingono Goldman Sachs a correggere le proprie stime per il mercato dell’alluminio. Ecco cosa aspettarsi nei prossimi anni.

Dopo il ritorno alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rilanciato la sua politica commerciale protezionistica, annunciando nuovi dazi su scala globale.

Tra i settori colpiti, anche l’alluminio: è già previsto un dazio del 25%, insieme a misure simili su acciaio, componenti automobilistici e, a breve, anche semiconduttori.

Il risultato? I mercati delle materie prime industriali hanno cominciato a risentirne.

Goldman Sachs, tra le più autorevoli banche d’investimento a livello mondiale, ha pubblicato il 14 aprile una nota in cui rivede significativamente al ribasso le proprie previsioni sui prezzi dell’alluminio.

Secondo gli analisti, l’effetto combinato delle tensioni commerciali e del rallentamento della crescita globale, in particolare negli Stati Uniti e in Cina, porterà a un calo della domanda e, di conseguenza, a una correzione dei prezzi.

Prezzi in calo nel breve termine

Il prezzo dell’alluminio al London Metal Exchange (LME), si attesta attualmente a circa 2.392 dollari per tonnellata. Ma Goldman Sachs prevede che nel terzo trimestre del 2025 la media mensile scenderà a 2.000 dollari, segnando un minimo annuale. A dicembre 2025, invece, si prevede un rimbalzo a 2.300 dollari per tonnellata, comunque ben al di sotto delle precedenti stime di 2.650 dollari.

A determinare questo nuovo scenario, spiega la banca, è anche una revisione al ribasso delle previsioni sulla domanda globale di alluminio: nel 2025 si attende una crescita di appena l’1,1%, in netto calo rispetto al 2,6% stimato in precedenza. Anche per il 2026 le previsioni vengono corrette: +2,3% invece del +2,4% stimato inizialmente.

Uno degli aspetti più significativi dello studio di Goldman Sachs è il passaggio da un previsto deficit di mercato ad un surplus. Ora ci dovrebbe essere un’eccedenza di 580.000 tonnellate nel 2025, rispetto a una precedente previsione di deficit pari a 76.000 tonnellate.

Questo surplus, causato da una domanda più debole e da una produzione ancora robusta, sarà uno dei fattori principali che limiterà il rialzo dei prezzi anche negli anni successivi.

Le prospettive a medio e lungo termine

Nonostante la correzione nel breve periodo, Goldman Sachs mantiene un outlook moderatamente positivo per il futuro. Secondo la nuova previsione, i prezzi saliranno a 2.720 dollari per tonnellata entro dicembre 2026, ben al di sotto però dei 3.100 dollari stimati in precedenza. Nel 2027 i prezzi si stabilizzeranno attorno ai 2.800 dollari. In quell’anno, la banca prevede che il mercato entrerà in deficit per circa 722.000 tonnellate, tornando quindi ad una dinamica di scarsità.

L’alluminio, metallo leggero e resistente alla corrosione, è fondamentale per numerosi settori: dai trasporti (aerei, auto, treni) all’imballaggio, fino all’elettronica e alle energie rinnovabili. Qualsiasi variazione significativa del suo prezzo ha ripercussioni sull’intera catena produttiva globale.

Il ritorno a politiche protezionistiche e l’incertezza economica globale stanno creando un contesto difficile da prevedere, in cui anche gli attori più esperti devono rivedere le proprie strategie.

Il mercato dell’alluminio, come altri mercati delle materie prime, si trova in una fase di ridefinizione strutturale, dove l’intersezione tra geopolitica ed economia reale è sempre più determinante.

Rialzi dei prezzi dei metalli di base sullo Shanghai Futures Exchange

Durante la sessione mattutina di lunedì 14 aprile, i prezzi della maggior parte dei metalli di base quotati sullo Shanghai Futures Exchange (SHFE) hanno registrato un rialzo, in seguito a un importante annuncio da parte dell’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump.

Venerdì 11 aprile, infatti, gli Stati Uniti hanno comunicato che diversi prodotti elettronici, tra cui smartphone, monitor per computer e componenti elettronici vari, sarebbero stati esclusi dai dazi reciproci previsti nella guerra commerciale tra Washington e Pechino.

Questa mossa ha immediatamente avuto un impatto positivo sul sentiment del mercato dei metalli industriali, spingendo gli investitori verso posizioni più ottimistiche.

Esclusioni dai dazi: un respiro di sollievo per il settore tecnologico

Secondo quanto dichiarato dall’Ufficio Doganale e di Protezione delle Frontiere degli Stati Uniti (US Customs and Border Protection), le esenzioni dai dazi includono articoli ad alta tecnologia come smartphone, laptop, dischi rigidi, schermi piatti, processori per computer e chip di memoria.

Questo ha rappresentato una svolta significativa per i produttori globali di tecnologia, tra cui colossi come Apple e Nvidia, i quali rischiavano forti contraccolpi sul fronte dei costi e delle forniture.

Tuttavia, nonostante la temporanea distensione, gli operatori del mercato restano cauti.

Lo stesso Trump ha annunciato, sempre lunedì, che nella settimana successiva verrà comunicato il tasso tariffario per i semiconduttori importati, sebbene possa esserci una certa flessibilità per alcune aziende del settore

Cauto ottimismo ma prospettive ancora incerte

Nonostante il rimbalzo dei prezzi osservato nella giornata di lunedì, gli analisti mettono in guardia da un eccessivo ottimismo. L’attuale scenario macroeconomico non è favorevole ad un rally duraturo dei metalli di base.

È ormai evidente che la Cina non ha intenzione di fare marcia indietro, mentre nel frattempo Trump mantiene la sua linea aggressiva.

Considerando che la Cina sta subendo l’impatto negativo dei dazi, lo scenario generale non è affatto rialzista per i metalli industriali. Fino a quando non verrà raggiunto un accordo concreto tra le due nazioni, ogni rialzo dei prezzi potrebbe essere solo temporaneo.

Conclusione: una ripresa fragile sospesa tra tregua e minacce

In sintesi, la recente esclusione di alcuni prodotti tecnologici dai dazi USA ha offerto una boccata d’ossigeno temporanea ai mercati dei metalli industriali, spingendo i prezzi al rialzo, in particolare quelli dello stagno e del rame.

Tuttavia, l’instabilità politica, la mancanza di un accordo commerciale duraturo e i continui ostacoli alla produzione rappresentano fattori critici che potrebbero vanificare i guadagni attuali.

I prossimi sviluppi, in particolare l’annuncio delle tariffe sui semiconduttori atteso da parte della Casa Bianca, saranno determinanti per orientare le dinamiche del mercato nelle settimane a venire.

Trump alza ancora i dazi alla Cina. Verso lo stop nelle forniture di terre rare?

Trump rilancia la guerra commerciale con la Cina alzando i dazi al 125%, mentre cresce il timore di un blocco totale delle forniture di terre rare.

Donald Trump ritorna a sorprendere i mercati, annunciando una sospensione di 90 giorni per l’aumento dei dazi per la maggior parte dei paesi disposti a negoziare accordi commerciali. Contemporaneamente, ha aumentato ulteriormente i dazi alla Cina (125%), citando una “mancanza di rispetto “.

Mai così vicini all’interruzione delle forniture cinesi di terre rare

La Cina ha reagito all’aumento dei dazi doganali statunitensi imponendo tasse sui prodotti statunitensi e limitando le esportazioni di minerali di terre rare (REE), essenziali per l’industria tecnologica e della difesa.

Tuttavia, la nuova mossa di Trump ha spaventato gli operatori sul mercato delle terre rare, che temono che le forniture cinesi vengano interrotte, creando enormi problemi per settori strategici per l’economia americana.

Gli esperti avvertono che la crisi delle terre rare è sull’orlo del precipizio, con le catene di approvvigionamento che collasserebbero, mentre la Cina ha già vietato le esportazioni di minerali altri essenziali come l’antimonio e il gallio.

Mentre gli Stati Uniti dipendono dalla Cina per il 75% delle loro terre rare, una speranza emerge dalle ceneri di carbone: i ricercatori stimano che contengano 11 milioni di tonnellate di questi elementi essenziali. Sarebbe una fonte di approvvigionamento importante, anche se ci vorranno anni prima che questa strada si concretizzi.

Grande preoccupazione anche in Europa

E come se la passa l’Unione Europea (UE) a questo riguardo? Non bene

Nuovi dati rivelano che la UE ha importato 12.900 tonnellate di terre rare nel 2024, con un netto calo del 29,3% rispetto al 2023, evidenziando le crescenti preoccupazioni relative all’approvvigionamento di questi 17 metalli essenziali per settori ad alta tecnologia come i veicoli elettrici e la difesa.

Nel frattempo, le esportazioni di terre rare della UE si sono mantenute pressoché stabili a 5.500 tonnellate, in calo di appena lo 0,8% rispetto all’anno precedente.

La Cina è il principale fornitore della UE, fornendo il 46,3% delle importazioni, ovvero 6.000 tonnellate, nonostante il calo. Segue la Russia con il 28,4% (3.700 tonnellate) e la Malesia con il 19,9% (2.600 tonnellate).

La dipendenza dalla Cina si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali globali, con Pechino che sta inasprendo i controlli sulle esportazioni di terre rare in risposta ai dazi statunitensi.

Per l’Europa gli esperti avvertono che la nuova situazione che si è venuta a creare ieri (9 aprile) potrebbe ulteriormente mettere a dura prova le forniture, dato l’elevato rischio di approvvigionamento e l’importanza economica delle terre rare.

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