La Borsa LME è divisa tra gli eventuali effetti diretti derivanti dalla vicenda del fallimento della banca USA e la più probabile svolta di un listino ormai arrivato a dei punti di ribasso davvero importanti.
La reale portata di quello che potrebbe accadere alla Borsa LME in riferimento alla vicenda della Silicon Valley Bank, non è ancora molto chiaro, ma quasi sicuramente gli effetti si faranno sentire in modo lieve.
Il motivo di un coinvolgimento marginale nella vicenda legata al fallimento della banca statunitense, ha in prima istanza la piccola “zona di contatto” tra i metalli industriali quotati sulla piazza londinese ed il business legato al settore dell’ information technology, lontanissimo dal concetto di produzione manifatturiera.
Un altro vantaggio si trova dal sempre più rarefatto impegno del comparto speculativo-finanziario alla Borsa LME, che quindi mette i “ring” al riparo da un effetto contagio, che si sarebbe tradotto con un massiccio numero di chiusure delle posizioni in essere sugli “industriali”.
La maggiore preoccupazione viene dal fattore di concambio, ovvero il dollaro ha bruscamente interrotto la sua fase di rinforzo rispetto alle principali valute, in particolare l’euro. Il deprezzamento della Divisa USA nei confronti dell’euro è stato significativo, con una diminuzione di quasi un punto percentuale.
La scarsa propensione alla richiesta di metalli da parte degli utilizzatori, che a loro volta si trovano a constatare una sempre più sottile domanda da parte dei clienti di ormai tutti i comparti manifatturieri, rappresenta il vero problema al London Metal Exchange.
Negli ultimi otto giorni l’indice LMEX è sceso del 2.9%, riposizionandosi sotto la soglia psicologica dei 4mila punti.
Importante ridimensionamento del Rame
Il Rame, è stato il metallo che più di altri, ha segnato in modo negativo questo importante ridimensionamento dell’indice di Borsa, con una flessione della quotazione USD/3mesi dell’1.7% su base settimanale. La proiezione del “metallo rosso” permane scarsamente reattiva anche in questo avvio di periodo, sebbene inizino ad affiorare i primi elementi per un significativo cambio di indirizzo nel breve.
Zinco in ribasso oltre le aspettative
La questione tempo caratterizzerà le prossime mosse dello Zinco, ancora alle prese con una fase ribassista andata oltre le aspettative. La quotazione USD 3mesi è scesa a livelli che non si vedevano dallo scorso novembre, ma anche in questo caso la situazione sarà prossima a mutare.
Ottone e Zama
Un quadro previsionale che coinvolgerà inevitabilmente Ottone e Zama, che viste le possibili evoluzioni a breve di Rame e Zinco, portano a considerare le attuali quotazioni delle due leghe dei minimi relativi importanti.
Alluminio prossimo al rialzo?
La quota di denaro che sta ruotando intorno all’Alluminio è in crescita, un fattore significativo che porta a pensare che sul metallo si stia iniziando a ragionare sull’imminente avvio di una fase dai contorni rialzisti. L’inerzia costituita da un gran numero di posizioni “short” ancora aperte sull’Alluminio sta rallentando comunque, oltre previsione, il momento dell’inversione.
Per il Nichel settimana decisiva?
Per il Nichel questa sarà una settimana da evidenziare in modo opportuno. La discesa che da quasi trenta sedute di Borsa ha visto solo segni meno sul Nichel ha portato ad una contrazione del riferimento USD 3mesi prossima al 25% e vedrà in questa cinquina un momento significativo di cambiamento della tendenza.
Piombo previsioni ancora in ribasso
Il Piombo sarà associato ad aspettative ancora deboli sul suo cambio di indirizzo e quindi la settimana si tradurrà in una nuova stringa di dati che correggeranno al ribasso la sua quotazione di Borsa.
Stagno in un momento di cambiamento
Gli utilizzatori di Stagno avranno l’obbligo di seguire i movimenti riferiti al metallo alla Borsa LME, sicuramente prossimi a mettere in evidenza un significativo momento di cambiamento nella definizione del valore in dollari con scadenza 3mesi.
UNO SGUARDO ALLA REALTA’ PRODUTTIVA
Chiude un’altra fonderia di alluminio. Settore in crisi esistenziale.
Un’altra fonderia europea di alluminio, la Speira Gmbh, sta chiudendo. Un effetto provocato dalla crisi energetica che sta lacerando il tessuto industriale del nostro continente.
Il settore dell’alluminio in Europa continua a lacerarsi. Un’altra fonderia chiude per la crisi energetica che ha avviato la deindustrializzazione del nostro continente, riducendo ulteriormente le forniture di una materia prima critica.
Mentre alla gran parte dei cittadini europei viene fatto credere che il brusco calo dei prezzi dell’energia elettrica e del gas rispetto ai picchi dello scorso anno abbia risolto gran parte dei problemi, i livelli raggiunti dai costi energetici rimangono comunque insostenibili per molte attività produttive.
L’industria europea dei metalli è sprofondata in una crisi esistenziale
Ecco perché Speira Gmbh ha annunciato che chiuderà quest’anno il suo stabilimento di Rheinwork, in Germania. La drastica decisione arriva dopo che la società, a settembre dello scorso anno, aveva tagliato del 50% la produzione di alluminio in seguito all’aumento dei prezzi dell’energia elettrica e del gas che ha fatto precipitare l’industria europea dei metalli ad alta intensità energetica in una crisi esistenziale.
Lo smelter di Speira sarà sottoposto a manutenzione a lungo termine, nella speranza che possa riaprire nel caso in cui le condizioni economiche dovessero migliorare. Ma, come ben sanno tutti gli operatori del settore, il riavvio di una fonderia è lento e costoso, tanto che tutti gli impianti nella regione che erano stati chiusi in periodi di crisi precedenti non sono mai stati riaperti.
Speira ora si concentrerà esclusivamente sul riciclo e sulla trasformazione dell’alluminio in prodotti a più alto valore aggiunto.
La concorrenza degli Stati Uniti
Nonostante alcune fonderie si siano riprese nel corso delle ultime settimane, l’ondata di deindustrializzazione che sta travolgendo l’Europa non si ferma, mentre i politici europei non riescono o non vogliono trovare una soluzione.
In un contesto globale in cui le catene di approvvigionamento di materie prime critiche si stanno indebolendo, perdere le forniture locali di alluminio sembra un paradosso. Tanto più che la Commissione Europea dice di voler produrre localmente almeno il 40% dei consumi annuali di materie prime strategiche entro il 2030.
Oltre all’enorme problema degli alti prezzi dell’energia, il sistema industriale europeo rischia di perdere terreno anche per la concorrenza degli Stati Uniti, molto più attrattivi per gli investimenti grazie ai bassi costi dell’energia e ai miliardi di dollari di sussidi del controverso Inflation Reduction Act (IRA).
Alla vigilia di carenza di alluminio nella UE. Prezzi e premi saliranno.
La debole domanda europea di alluminio riesce a nascondere anche la perdita di 1 milione di tonnellate nella produzione in Europa. Ma, tra qualche mese, le tensioni tra domanda e offerta potrebbero esplodere…
O per la scarsa domanda o per la scarsa offerta, il mercato dell’alluminio ha davanti a sé mesi di travaglio.
Secondo gli analisti, la domanda rimarrà debole almeno per tutta la prima parte di quest’anno ma, non appena si dovesse riprendere (anche in forma modesta), i mercati si troveranno esposti alle conseguenze di carenze nella catena di approvvigionamento. La conseguenza sarà un rapido aumento dei prezzi e dei premi.
Nel primo trimestre la domanda repressa è stata inferiore alle aspettative
È certo che fino ad oggi la domanda repressa di alluminio sia stata assai inferiore alle aspettative e, nel primo trimestre di quest’anno, non c’è stato il decollo degli ordini che molti speravano. Tuttavia, questa delusione delle aspettative potrebbe essere una fortuna visto che non ha fatto ancora emergere le gravi carenze di offerta.
L’edilizia ha rallentato quasi ovunque in Europa anche a causa degli alti tassi di interesse, mentre la produzione di autoveicoli continua a diminuire nonostante la crescita della produzione di veicoli elettrici. Anche il settore del packaging sta traballando. Insomma il mercato è molto debole ed è difficile immaginare che in queste condizioni tutt’altro che positive, un leggero aumento della domanda possa mettere in crisi l’offerta. Ma questo, sembra proprio quello che ci aspetta nel secondo semestre dell’anno…
Grazie alla debole domanda possiamo fare a meno dell’alluminio russo… per il momento
Il conflitto in Ucraina e la guerra delle sanzioni dell’Occidente contro la Russia stanno provocando effetti sempre più negativi sul mercato dell’alluminio. Fino a poco tempo fa il settore non ne era stato direttamente coinvolto ma, poco più di una settimana fa, gli Stati Uniti hanno messo in campo un nuovo pacchetto di sanzioni, dazi commerciali e controlli sulle esportazioni, tra cui anche l’aumento dei dazi sull’alluminio russo.
Il London Metal Exchange (LME) ha di conseguenza introdotto il divieto di garantire il metallo russo nei suoi magazzini statunitensi. Ma si è trattata di una misura virtuale poiché nei magazzini americani LME non c’era metallo russo visto che il mercato aveva già rinunciato a comprare alluminio dalla Russia, così come accaduto anche in Europa. Ciò è stato possibile grazie alla debole domanda, che ha consentito agli operatori di non comprare alluminio russo senza sostituirlo con altre fonti e senza scatenare aumenti dei prezzi.
L’offerta non sarà presto in grado di soddisfare la domanda
In altre parole, i mercati occidentali hanno potuto fare a meno dell’alluminio russo senza provocare sconquassi nei prezzi poiché la domanda era estremamente scarsa. Ma, come accennato, quando la domanda registrerà un leggero miglioramento, l’offerta non potrà soddisfarla e le tensioni si scaricheranno sui prezzi.
Nel momento in cui assisteremo ad un reale aumento della domanda, ci accorgeremo di cosa significa aver perso 1 milione di tonnellate all’anno della produzione europea di alluminio. Senza poter contare sul metallo russo che arriva in Europa, qualsiasi cambiamento nei livelli della domanda provocherà un terremoto per l’industria europea dell’alluminio.
APPROFONDIMENTO
Saranno le terre rare a stroncare la leadership dell’Europa?
Mentre i cittadini europei sono sempre più confusi e sconcertati riguardo alla transizione verde, emergono sempre più chiaramente le contraddizioni e l’insostenibilità di un modello energetico dettato più dall’ideologia che da scelte ragionate.
Per decenni, l’Europa ha esternalizzato in maniera crescente industria, manifattura, produzione e lavorazione delle materie prime in paesi a basso salario. Nel contempo, ha chiuso gli occhi sulla sostenibilità (ma sarebbe meglio dire sulla sua mancanza) dei prodotti importati visto che la cosa rendeva bene in termini economici, almeno nel breve termine.
Tuttavia, le conseguenze della pandemia e della guerra in Ucraina stanno facendo oscillare il pendolo dall’altra parte. L’Unione Europea (UE) si trova oggi davanti alla spiacevole consapevolezza di dipendere eccessivamente dai paesi terzi per le materie prime necessarie per realizzare la sua trasformazione verde e digitale, in un panorama geopolitico sempre più teso.
L’obbligo di comprare auto elettriche ha impatti ambientali pesanti
In questo contesto è esemplare il caso delle terre rare e, in genere di gran parte dei metalli rari (litio compreso). I governi dei paesi europei sembrano quasi voler obbligare i cittadini a comprare auto elettriche che solo in termini di terre rare ne contengono circa un quarto di chilogrammo a vettura (e non stiamo parlando delle batterie). Come noto, l’intero ciclo estrattivo e produttivo di terre rare è energivoro e ad alto impatto ambientale (alcuni studi stimano che il consumo complessivo per ottenere gli elementi contenuti in una singola autovettura sia di 3 o 4 volte l’energia di un motore endotermico).
Le conseguenze ambientali sono significative, in misura minore o maggiore a seconda del metallo coinvolto ma, in genere, quasi tutti gli elementi delle terre rare hanno un impatto ambientale pesante. Naturalmente, come altre attività estrattive, consumano molta acqua, acidi solforici e nitrici che, soprattutto in paesi con poche regole e controlli, vengono poi scaricati direttamente nel terreno o in mare.
Inquinare sì, ma non in Europa
Quest’ultime considerazioni sono molto chiare ai politici europei tanto che, nonostante esistano giacimenti di terre rare in Germania, Svezia, Francia e in altri paesi del continente, nessuno vuole estrarle ne tanto meno raffinarle. Molto meglio pagare paesi più poveri per inquinare lontano dall’Europa.
A parte il fatto che il pianeta in cui viviamo è lo stesso e le conseguenze ricadranno su tutti gli abitanti della Terra, l’idea europea di esternalizzare l’estrazione e la gestione di metalli critici come le terre rare (ma vale anche per il litio, il cobalto, la grafite e molti altri) ha serie conseguenze geopolitiche.
Prima tra tutte il fatto che è la Cina e i suoi alleati a possedere la gran parte delle terre rare e di molti metalli rari. Ciò metterà l’Europa nelle mani della Cina in misura molto maggiore di quanto non sia accaduto con il gas naturale russo. È accettabile una così grande vulnerabilità per un intero continente?
Da qualsivoglia parte lo si guardi, il nuovo modello energetico UE non sta in piedi
Tanto più si analizza da vicino il nuovo modello energetico europeo, tanto più si ha l’impressione che sia stato dettato più dall’ideologia che dal raziocinio, ampiamente propagandato con omissioni e mezze verità (più o meno in buona fede). Per sostenere il sogno verde di un piccolo (in termini di popolazione) continente come l’Europa sarà necessario estrarre nei prossimi 30 anni più minerali di quanto ne siano mai stati estratti nel corso dell’intera storia dell’umanità.
In queste condizioni è difficile prevedere come uscirà l’Unione Europea da questo tunnel in cui si è testardamente infilata. Non è irrazionale pensare che, come molti osservatori ritengono, sarà proprio la questione delle terre rare e dei metalli rari a mettere la parola fine sulla leadership europea.
LINK UTILI
METALLI RARI : https://www.metallirari.com/chiude-altra-fonderia-alluminio-settore-crisi-esistenziale/
METALLI RARI : https://www.metallirari.com/vigilia-carenza-alluminio-ue-prezzi-premi-saliranno/
METALLI RARI : Saranno le terre rare a stroncare la leadership dell’Europa? (metallirari.com)
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METALWEEK : https://www.metalweek.it//filemanager/mw/MWBASE230313.html
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