Buongiorno,
condivido con te le ultime notizie dalla Borsa LME relative alla scorsa settimana ed alcuni approfondimenti dal mondo dei metalli.
La guerra tra Israele e Iran ridisegna in maniera importante il listino degli “industriali” verso il basso, anche se una normalizzazione dei valori dei metalli non tarderà ad arrivare
Gli utilizzatori di metalli e leghe della UE, inseriti nelle filiere di appartenenza, non meritano certo l’atteggiamento di attendismo intrapreso dalla Commissione Europea nei confronti dei dazi che verranno imposti dagli USA, più quelli già vigenti e duri da abbattere tra gli stessi Stati membri dell’Unione.
Il contrasto ad una situazione congiunturale a livello continentale e globale che necessiterebbe soprattutto di più competenze di negoziazione da parte di Bruxelles, si è aggiunto da pochi giorni il sorgere di un nuovo conflitto militare tra due potenze di rilievo nello scacchiere mediorientale come Israele e Iran.
Gli occhi e non solo, sono ora rivolti a quell’unico “istituto” di regolazione automatica, capace di funzionare efficacemente e pronto a metabolizzare rapidamente i cambiamenti degli scenari geopolitici, ovvero il cambio tra le valute.
Allo scoccare della guerra israelo-iraniana il dollaro ha interrotto la sua spirale di debolezza estrema, segno evidente che la moneta statunitense risulta, malgrado tutto, ancora il cardine dell’attuale sistema economico mondiale.
Il maggior aiuto che il comparto degli “industriali” sta ricevendo, non è stato ancora generato da azioni concrete messe in atto dalla Commissione per il contenimento dei loro costi di approvvigionamento, ma dal fattore valutario, con il dollaro che pure in rallentamento, continua ad apparire debole nei confronti dell’euro e con una performance negativa che negli ultimi otto giorni si è avvicinata all’1% e quasi al 3 rispetto alle ultime quattro settimane.
Nella chiusura del capitolo affidato ai temi di carattere generale non si può dimenticare quello che ha fatto vedere l’indice LMEX, collocandosi in un ambito di variabilità infinitesimale dello 0,05% rispetto al dato settimanale precedente, trasponendo al minor costo l’acquisto dei metalli pagati in euro.
Rame da seguire attentamente
Il Rame andrà seguito con particolare attenzione, soprattutto per quello che ha fatto vedere in chiusura di ottava e che con buona probabilità non avrà la struttura in avvio di settimana per dare supporto alla fase di ripresa vista nelle ore pomeridiane della seduta del 13 giugno.
Situazione analoga per lo Zinco
Una situazione analoga per lo Zinco, che seppure in recupero dalla situazione di minimo relativo fissata lo scorso venerdì, trova al momento una collocazione di equilibrio tra i fattori domanda e offerta in prossimità della linea dei 2600 Dollari 3 mesi.
Le Leghe, Ottone e Zama
Nel comparto delle leghe, la Zama seguirà l’andamento di basso profilo tracciato dallo Zinco, mentre l’Ottone potrà sommare i movimenti ribassisti dei due metalli di riferimento, oltre a una significativa azione di correzione del fattore valutario per la perdurante debolezza del dollaro.
Resistenza ai ribassi per l’Alluminio
Una maggiore resistenza ai ribassi la presenterà l’Alluminio il cui riferimento USD 3mesi al LME, collocato a quota 2500, trova un presupposto di equilibrio tra chi vende e chi compra questo metallo in Borsa.
Fase calante finita per il Nichel?
La fase calante del prezzo in USD del Nichel è prossima alla sua conclusione, ma non prima di aver dato un’ultima azione di assestamento del suo riscontro in un significativo punto di minimo relativo a poche decine di dollari dalla linea dei 15mila con scadenza 3mesi, situazione vista per l’ultima volta a inizio maggio.
Le sorti del Piombo legate alla situazione dazi USA – Cina
Il Piombo si colloca in un frangente molto particolare e molto dipenderà dalla effettiva consistenza delle bozze di accordo tra USA e Cina sui dazi, dove questo metallo si pone tra i più strategici nelle produzioni di batterie tradizionali.
Nessuna incertezza per lo Stagno che continua la sua fase rialzista
Nella fase d’incertezza generale che si respirerà al LME nei prossimi giorni, lo Stagno non dovrebbe avere condizionamenti di sorta, presentando ancora molti spunti di carattere positivo nella determinazione rialzista del suo riferimento dollari 3mesi.
UNO SGUARDO ALLA REALTA’ PRODUTTIVA

Guerra per i rottami di alluminio? Il mercato USA calamita metallo da tutto il mondo
La decisione degli Stati Uniti di raddoppiare i dazi sull’alluminio rischia di innescare una guerra commerciale con l’Unione Europea, che vede aumentare le esportazioni di rottami verso il mercato americano.
La recente decisione del presidente degli Stati Uniti di raddoppiare i dazi sulle importazioni di alluminio ha riacceso le tensioni commerciali tra Washington e Bruxelles, innescando un nuovo fronte di scontro potenzialmente esplosivo: la guerra dei rottami.
L’aumento dei dazi al 50% sulle importazioni di alluminio, entrato in vigore questa settimana, si presenta come una misura generalizzata, senza esenzioni né eccezioni. Tuttavia, vi è una significativa esclusione: i rottami di alluminio, considerati una materia prima cruciale per la produzione americana, restano fuori dal nuovo muro tariffario.
Questa eccezione ha già alterato le dinamiche del commercio globale, spingendo gli esportatori a riversare materiali riciclabili sul mercato statunitense.
L’effetto sui premi americani
L’impatto della nuova politica tariffaria è stato immediato. Il premio per l’alluminio del Midwest statunitense è salito al livello record di 1.325 dollari a tonnellata, segnando una frattura tra il prezzo internazionale del metallo e il suo costo effettivo sul mercato americano.
Mentre il prezzo ufficiale sul London Metal Exchange (LME) si attesta intorno ai 2.430 dollari a tonnellata, i trasformatori statunitensi devono ora pagare un extra sempre più elevato per assicurarsi la materia prima.
A subire le conseguenze saranno i consumatori finali, che vedranno aumentare il costo dei prodotti in alluminio.
Paradossalmente, però, i trasformatori intermedi – coloro che convertono il metallo grezzo in prodotti semilavorati – beneficeranno ancora una volta dei dazi, come dimostrato da uno studio della società di consulenza Harbor Aluminum per il Beer Institute.
Secondo il rapporto, questi operatori avevano già tratto vantaggio dai dazi del 10% della prima amministrazione Trump, riuscendo a trasferire i costi anche quando utilizzavano rottami nazionali.
Crescono le importazioni, cresce la tensione
Le importazioni statunitensi di rottami di alluminio hanno superato le 80.000 tonnellate a marzo, toccando il livello mensile più alto dal 2022. A trainare questa crescita sono stati Canada e Messico, principali fornitori storici.
Tuttavia, l’effetto calamita degli Stati Uniti si sta estendendo anche all’Europa. L’European Aluminium Association dell’alluminio ha evidenziato un’impennata delle esportazioni verso gli USA nel primo trimestre, alimentata dalla crescente differenza di prezzo tra i due mercati.
Secondo Paul Voss, direttore generale dell’associazione, la UE si trova ora nel bel mezzo di una “crisi dei rottami”. La richiesta alla Commissione Europea è chiara: serve una risposta immediata sotto forma di dazi sulle esportazioni, per arginare quella che viene definita una vera e propria fuga di rottami.
L’Europa corre ai ripari mentre la Cina si ritrova tra due fuochi
La Commissione Europea è consapevole del problema. Già a marzo aveva annunciato un Piano d’azione per i settori dell’alluminio e dell’acciaio, promettendo misure concrete entro il terzo trimestre del 2025.
Tra le opzioni sul tavolo: tariffe reciproche contro i paesi che sostengono ingiustamente le loro industrie di riciclaggio. Ma il tempo stringe. Senza una barriera commerciale difensiva, l’Europa rischia di perdere una risorsa strategica cruciale per la sua transizione verso un’economia circolare.
In questo scontro commerciale globale si inserisce anche la Cina, primo acquirente mondiale di rottami di alluminio. Pechino ha importato circa 1,8 milioni di tonnellate di materiale in ciascuno degli ultimi due anni, e sebbene gran parte provenga da paesi asiatici, le esportazioni statunitensi ed europee rappresentano una quota importante.
Con l’allentamento delle regole sulla purezza dei rottami, la Cina punta a rafforzare il riciclo interno, vitale per un settore industriale che ha raggiunto i limiti produttivi del metallo primario. Tuttavia, ora deve affrontare una sfida complessa: l’eventuale stretta europea sulle esportazioni e la maggiore aggressività degli acquirenti statunitensi nel mercato asiatico.
In un contesto così frammentato, il commercio globale dei rottami si trasforma in un campo di battaglia economico, dove ogni blocco cerca di assicurarsi la materia prima più strategica per il futuro dell’industria. La guerra dei rottami è appena iniziata!
APPROFONDIMENTO

Rame, un mercato che nel lungo termine invita a scommettere al rialzo
Ignorate la volatilità a breve termine! Un peggioramento dell’offerta di rame porterà a prezzi molto più alti nel futuro (Benchmark Mineral Intelligence).
Il rame, terzo metallo più utilizzato al mondo dopo acciaio e alluminio, è considerato un indicatore cruciale della salute economica globale, tanto da meritarsi il soprannome di “Dr. Copper”. Lo si trova in ogni angolo della vita moderna, dall’edilizia all’elettronica, e la sua domanda segue da vicino l’andamento dell’economia.
Negli ultimi decenni, il baricentro della domanda globale si è spostato verso la Cina, che oggi consuma circa il 58% del rame raffinato prodotto nel mondo. Tuttavia, eventi politici e macroeconomici recenti, in particolare il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, hanno scosso il mercato, portando a una volatilità senza precedenti.
L’effetto Donald Trump
La rielezione di Trump ha avuto un impatto dirompente sul mercato del rame. Subito dopo il suo insediamento, il 7 aprile – soprannominato “Liberation Day” – il prezzo del rame ha oscillato in un range giornaliero record tra 8.105 e 9.096,50 dollari a tonnellata.
Le nuove politiche statunitensi hanno raffreddato l’appetito per il rischio e ridotto le aspettative di domanda futura per il rame, soprattutto per beni di consumo importati negli USA dalla Cina come frigoriferi, lavatrici e televisori, ricchi di componenti in rame.
Il timore di dazi sulle importazioni ha paradossalmente stimolato negli Stati Uniti una corsa agli acquisti anticipati (“front-loading”), con un aumento della domanda apparente. Ma si tratta di un effetto temporaneo. Intanto, la prospettiva di dazi generalizzati ha causato un calo del prezzo del rame del 11% nella settimana successiva all’annuncio (dati LME).
Anche la forza del dollaro contribuisce all’instabilità poiché il rame è quotato in dollari, una valuta forte rende il metallo più caro per chi compra in altre monete. Il dollaro ha mostrato una volatilità del 44% più alta rispetto al 2024, aggiungendo benzina sul fuoco.
L’arbitraggio transatlantico
Le tensioni commerciali stanno aprendo un divario crescente tra il prezzo del rame al CME di Chicago, che include eventuali dazi, e quello dell’LME, che è esente. Gli operatori stanno approfittando di questo spread, spostando grandi quantità di rame verso gli Stati Uniti, dove i prezzi sono potenzialmente più alti.
Il risultato? L’Europa e altri mercati si trovano in carenza di materiale, con premi record per le consegne.
In Cina, i premi per il rame importato hanno toccato livelli mai visti da anni, con un aumento dell’85% rispetto a prima dell’insediamento di Trump. Il timore di dazi ha spinto trader e aziende americane ad accumulare scorte, importando rame da Sud America ed Europa.
Non sorprende che i prezzi siano saliti del 10% dall’inizio dell’anno, battendo anche i mercati azionari di Stati Uniti e Regno Unito.
Oltre il breve termine: il grande deficit all’orizzonte
Nonostante le incertezze a breve termine, il futuro del rame appare più chiaro. La maggior parte degli analisti prevede un marcato deficit entro la fine del decennio, con una domanda in forte crescita trainata dalla transizione energetica.
Il rame è essenziale per i veicoli elettrici (EV), le infrastrutture di rete e le energie rinnovabili, tutti settori destinati a espandersi rapidamente. Un’auto elettrica utilizza circa 250% di rame in più rispetto a una tradizionale. Secondo Benchmark Mineral Intelligence, entro il 2030 l’uso del rame crescerà del 26% per le infrastrutture elettriche e del 29% per il trasporto.
Anche l’intelligenza artificiale e i data center, ad alto consumo energetico, aumenteranno la richiesta di energia – e dunque di rame. Trafigura stima che l’AI da sola potrebbe aggiungere 1 milione di tonnellate di domanda entro il 2030.
Offerta al rallentatore
Il problema è che l’offerta non tiene il passo. Tra il 2024 e il 2030, la produzione mondiale dovrebbe aumentare solo dell’11%, mentre la domanda crescerà del 16%. L’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede un deficit del 30% entro il 2035.
Le difficoltà sono molte: miniere con tenori di rame in calo, costi crescenti, poche nuove scoperte e lunghi tempi per ottenere permessi. Il caso della miniera di Cobre Panama, chiusa nel 2023 dopo proteste locali nonostante un investimento da 10 miliardi di dollari, è emblematico dei rischi legati a nuovi progetti.
Secondo BHP, i tenori medi di rame sono diminuiti del 40% dal 1991, rendendo l’estrazione sempre meno efficiente e più costosa. Senza innovazioni tecnologiche, la situazione non potrà che peggiorare.
In conclusione, nonostante i venti contrari a breve termine, il rame resta uno dei protagonisti del futuro energetico globale. Gli investitori pazienti potrebbero essere premiati, ma dovranno fare i conti con una volatilità destinata a rimanere elevata.
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METALWEEK: MetalWeek
METALLI RARI: https://www.metallirari.com/guerra-rottami-alluminio-mercato-usa-calamita-metallo-tutto-mondo/
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